Ciclismo e viaggi, Luca Raggio ci racconta le sue esperienze all’estero “porto sempre con me tanto entusiasmo”

In un ciclismo sempre più globalizzato i viaggi rappresentano un aspetto importante nella vita dei corridori. Le trasferte intercontinentali sono diventate una regola e per gli atleti affrontare la differenza di fuso orario rientra nella normalità dei loro compiti.
Abbiamo affrontato questo argomento con Luca Raggio, leader della UM Tools – D’Amico per cercare di capire come affrontano i ciclisti le trasferte all’estero.

Ciao Luca, come vive un corridore le esperienze all’estero? È solo un trasferimento aeroporto, hotel e corsa o si riesce anche a visitare qualcosa di interessante?
“Le esperienze all’estero sono la parte più divertente del ciclista, e in ogni caso questo non deve mai diventare un peso. A me piace tantissimo viaggiare e mi sono sempre goduto anche le trasferte più dure, lunghe e difficili, le ho sempre prese con lo spirito giusto e durante i viaggi la squadra e lo spirito di gruppo aiutano tantissimo perché con i compagni si è sempre creata la giusta atmosfera per vivere al meglio queste esperienze. Non siamo turisti ma qualche cosa si riesce a vedere, spesso arriviamo qualche giorno prima della partenza e qualche volta il volo di ritorno non è il giorno successivo alla corsa, quindi è capitato più volte di riuscire a visitare qualcosa anche se la maggior parte delle volte vediamo il paese solo nei trasferimenti col bus”

Hai corso diverse volte in Asia: come si vivono le corse? Il pubblico è molto caloroso? Come giudichi il livello delle loro competizioni rispetto all’Europa?
“In Asia è un ciclismo diverso, un po’ alle prime armi: c’è tanta inesperienza nell’organizzazione delle corse infatti si affidano tanto a organizzatori europei però lo vivono con la loro mentalità e talvolta compiono scelte abbastanza incomprensibili ma ci adeguiamo. Il pubblico in diversi pesi come Giappone e Malesia è molto presente: c’è tanto tifo e il nostro sport è in crescita per esempio per la Japan Cup e il Criterium che si corre il giorno prima a bordo strada non c’era un posto libero, con la gente che dormiva lungo la strada per tenersi il posto in prima fila attaccato alle transenne, cose che non si vedono nemmeno in Europa. Posso dire che in certe corse il livello non è altissimo, ma le andature sono abbastanza elevate e noto che negli ultimi anni molte squadre, anche quelle World Tour si stanno affacciando sempre di più al calendario asiatico e ci tornano volentieri per far fare esperienza ai corridori più giovani, senza dimenticare che la categoria di corse è abbastanza alta e si possono ottenere importanti punti UCI, che sono fondamentali per i team. Il modo di correre è totalmente diverso dall’Europa e ovviamente le squadre World Tour e professional dominano e gestiscono la corsa, ma allo stesso tempo c’è molto rispetto per i corridori asiatici che hanno un modo di correre più all’attacco, alla ricerca della fuga e dei traguardi volanti e delle maglie per le diverse classifiche. Ovviamente sono i leader delle squadre europee a giocarsi il successo, quindi c’è molto più marcamento tra di loro”

I tre paesi più belli dove hai corso e il perché?
“Sicuramente in Africa: sono rimasto impressionato dalla Amissa Bongo in Gabon, un paese che vive il ciclismo in modo incredibile. Non c’è un aggettivo per descrivere il tifo, un entusiasmo incredibile: le persone amano vivere la corsa e tifano per i corridori locali anche se questi faticano pure a finire la gara entro il tempo massimo e poi in un paese così povero e diverso rispetto ai nostri per me correre lì è stata un’emozione incredibile. Tutti venivano alla corsa in un clima di festa, non distinguevano tra corridori forti o meno.
Il Giappone è speciale per il tifo, l’entusiasmo e la passione. Hanno un’abitudine di collezionare abbigliamento, vestiario, accessori delle squadre europee e spendono cifre assurde, una vera mania per il collezionismo.
Ci sono tanti altri paesi splendidi dove ho corso ma non posso dimenticare il Belgio perché comunque è la patria del ciclismo. Ho corso qualche gara minore ma è come se avessi partecipato ogni volta a una grande classica perché vivono il ciclismo in un modo incredibile. Ho preso parte ad una gara che partiva ad Anversa, nella stessa piazza dove parte il Giro delle Fiandre e la piazza era strapiena, una sensazione allucinante. E le corse sono talmente diverse dalle nostre, durissime, piene di ostacoli e un modo di correre super aggressivo e farebbe bene a tutte le squadre italiane fare questa esperienza perché lì si impara a correre davanti, a vivere la corsa ed essere sempre pronti perché in ogni momento può succedere qualcosa e ovviamente serve tanta gamba per vincere quelle corse”

Cosa non manca mai nella tua valigia?
“Sono molto pratico e ogni volta che si esce dall’Europa non manca mai il cibo di casa specialmente i contenuti proteici. Si trovano anche all’estero ma non abbiamo a disposizione molto tempo per andare a cercarlo. Per il resto mi organizzo con la tecnologia, specialmente film e serie TV e tanta pazienza perché talvolta le trasferte in Asia sono da tre settimane con trasferimento abbastanza lunghi ma la cosa fondamentale che porto con me è l’entusiasmo che mi permette di godermi in pieno queste esperienze e mi fa superare qualsiasi imprevisto e inconveniente”.

 

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