Stefano Giuliani e la “sua” Giotti Victoria-Savini Due: “Grinta, tenacia e una passione infinita mi spingono a superare mille difficoltà”

Personalità e carisma, due parole che descrivono alla perfezione Stefano Giuliani: corridore di successo negli anni ’80 dove ha centrato due splendidi successi di tappa al Giro d’Italia, una volta sceso dalla bici ha intrapreso la carriera di Direttore Sportivo abbinando ad una fine intelligenza tattica splendide doti umane, grazie alle quali riesce a creare ottimi rapporti con i suoi ragazzi per aiutarli a crescere e tirare fuori il meglio di sé per affermarsi o rilanciare carriere che sembravano al capolinea-

“Stefano, parlaci del tuo progetto Giotti Victoria – Savini Due dove ricopri il ruolo di team manager”

Dopo il progetto Nippo sono ripartito con la Giotti Victoria – Savini Due con l’idea di creare una squadra professional ma col covid è tutto più complicato. Devo ringraziare gli sponsor che ci sostengono in questa avventura che porto avanti con tanta passione e una buona dose di incoscienza.
Al giorno d’oggi la forbice si è allargata enormemente tra i team World tour e tutti gli altri, le differenze di budget sono abissali. E’ sempre più difficile coinvolgere gli sponsor, noi squadre italiane dovremmo essere più unite e proporre qualcosa di nuovo e interessante: ho già proposto ai colleghi, visto che ci sono 3 professional e 13 continental di organizzare noi le corse, una per ogni squadra e creiamo un campionato per riempire i periodi del calendario senza competizioni: sarebbe un’idea vincente, per ora non è stata realizzata, ma se vogliamo fare tutti un passo avanti dobbiamo proporre qualcosa.

“Il ciclismo di oggi è cambiato tantissimo rispetto a quando correvi, come ti trovi?”

Posso definirmi un fuoriquota e fuorimoda, noi abbiamo un cuore romantico e impavido, una volta il ciclismo era un modo per riscattarsi, oggi questi valori stanno scomparendo, i social e la pandemia hanno cambiato tutto ancor più velocemente ma io penso che l’essenza del ciclismo non cambierà mai.

La nostra squadra è gestita come una famiglia, con Tebaldi e Di Francesco usiamo la tattica del bastone e della carota, cerchiamo di far crescere i ragazzi o rilanciare le carriere di talenti inespressi senza mettere loro pressione ma siamo esigenti. Noi gli diamo una splendida opportunità e loro sanno che devono tirare fuori il meglio di se stessi per sfruttarla. Poi ovviamente è più facile per noi avere dei buoni velocisti che garantiscono buoni risultati e maggiore visibilità ma una squadra deve essere completa e competitiva su tutti i terreni.

Per esempio il mondo è cambiato, i giovani talenti vanno cercati ovunque, e oggi corridori giovanissimi ma con la giusta mentalità posso emergere subito, come nel caso di Pogacar ed Evenepoel, ma ogni corridore fa storia a sé. Noi lottiamo ogni giorno e cerchiamo di guadagnare centimetro dopo centimetro per ritagliarci le nostre soddisfazioni.

Per il futuro sono realista: noi team manager siamo troppo aziendalisti, abbiamo mille compiti da svolgere e siamo troppo coinvolti nella gestione della propria squadra, ma dobbiamo essere più solidali e proporre nuove idee e progetti comuni per attrarre nuovi investitori e dare un futuro migliore al mondo del ciclismo.

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