Giovanni Iannelli e un sogno chiamato Roubaix

Giovanni Iannelli è Born To Cycle, proprio come noi, e non può che esserlo al presente perché vive nel cuore e nelle menti dei suoi cari, dei suoi amici e perché la vita l’ha donata permettendo con un gesto di amore estremo che i suoi organi potessero salvare altre vite.
Giovanni è uno di noi ed è in mezzo a noi: ogni volta che saliamo in bici ci affianca, ci spinge e ci protegge. Sono tanti i motivi che ci hanno portato fino a qui, spingendoci a conoscere e a raccontarvi qualcosa di lui, qualcosa che fa scorgere quanto sia straordinaria quella che si può definire la normalità, la normalità di un ragazzo poco più che ventenne strappato alla vita lo scorso 7 ottobre, a causa del tragico incidente avvenuto durante la volata finale di una corsa per Under 23.
Torniamo indietro nel tempo. Come tanti bambini, Giovanni si divertiva con diversi sport, ma fu la bici a far scoppiare in lui la scintilla della passione: “L’ho messo su una biciclettina rossa – ci racconta il padre Carlo – una di quelle usate che restano nei magazzini delle società ciclistiche e vengono risistemate per i bambini che vogliono provare a correre, e da lì è nata in Giovanni una vera passione”. Aveva sei anni e, da quel momento, il gioco della bici segnò la sua infanzia. Si divertiva, gli piaceva correre. Non mollava mai. Senza assilli e pressioni, conciliava con grande equilibrio studio, passione e tempo con gli amici, molti dei quali erano proprio i suoi compagni di squadra nella A. C. Pratese 1927, una società familiare dove il divertimento occupava sempre il primo posto e ci si ricordava con gioia dei momenti di svago vissuti insieme dopo le corse. Giovanni cresceva. Da allievo, iniziò a fare sul serio con allenamenti più intensi e cucendo la sua passione alla sua vita che si trasformò in una “vita da atleta”, nel rispetto di tabelle di allenamento, alimentazione e orari, tanto, che questa sua determinazione, lo portò a diventare anche il leader carismatico della famiglia, nonché il punto di riferimento per le sue sorelline. I sacrifici e il duro lavoro pagano sempre. Fu così, infatti, che, da juniores, passò alla Cipriani & Gestri di San Giusto (Prato), dove, a fine stagione, guadagnò il primo successo, salendo sul podio, tra il Campione Italiano e quello Toscano. Si capì, così, la straordinarietà di quella vittoria che mise in evidenza l’impresa e le potenzialità del ragazzo di Prato. Fu nel 2014 che Giovanni iniziò il suo secondo anno da juniores con grandi aspettative e con i gradi da capitano: finì secondo la prima corsa, poi primo. Risultati che gli fecero ricevere una chiamata speciale…. Il Commissario Tecnico della Nazionale Rino De Candido, infatti, lo convocò per la Parigi-Roubaix juniores. Per Giovanni era un sogno che diventava realtà.  “Ricordo l’emozione di Giovanni dopo la telefonata, la lettera ufficiale di convocazione e quando ricevette la borsa e la maglia della Nazionale. – ci racconta con orgoglio babbo Carlo – Andammo tutti a vederlo e, nonostante la sfortuna di un incidente meccanico che lo tagliò fuori dalla corsa, Giovanni non si arrese e la portò a termine. Fu una grande emozione vederlo entrare nel velodromo di Roubaix”.

La immaginiamo quella girandola di emozioni: la gioia e la soddisfazione della prima convocazione in maglia azzurra, la delusione per la mancata possibilità di mostrare tutto il proprio valore, la voglia di riscatto. Le rammenta bene Edoardo Affini, suo compagno di Nazionale proprio sul pavé di quella splendida Roubaix, ora portacolori della Mitchelton Scott: “Prima di questa corsa avevo già conosciuto Giovanni in qualche gara delle categorie giovanili. Di questa esperienza ricordo che la fortuna non era stata dalla sua parte perché era stato tagliato fuori presto dalla corsa per un guasto meccanico. Eravamo entrambi emozionati all’idea di difendere i colori della Nazionale in una gara così mitica e brutale. In quei giorni ci siamo conosciuti meglio, da allora abbiamo sempre avuto buoni rapporti e quando ci incontravamo alle corse ci fermavamo sempre a fare quattro chiacchiere. Mi ricordo la sera prima dei Tricolori 2018 a Taino: abbiamo passato una bella serata in compagnia mangiando un gelato insieme ad altri corridori e, il giorno seguente, dopo la mia vittoria è stato uno dei primi a farmi i complimenti”.
Memorando carezze e ferite di uno sport che dà tanto, togliendo talvolta troppo, ogni volta che vedremo un corridore affrontare il pavé e alzare le braccia verso il cielo del velodromo di Roubaix, Giovanni sarà lì.

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