Marco Zamparella, giù dalla bici e via in ammiraglia.

Di Marco Zamparella corridore abbiamo ben stampate nella mente le lacrime di gioia al termine del Trofeo Marco Pantani del 2017, vinto allo sprint davanti a due campioni come Egan Bernal e Diego Ulissi. “La vittoria più bella, resa ora ancora più preziosa dopo il successo di Egan al Tour de France – ci racconta Marco – Fu un giorno bellissimo dove tutto andò alla perfezione oltre alla grande condizione fisica va sottolineata la tattica adottata in gara dove sono andato in fuga all’inizio e poi sono riuscito a resistere al rientro dei big per poi fulminarli sul traguardo”.
La carriera da professionista di Marco, prototipo del corridore moderno, resistente in salita e dotato di uno sprint irresistibile, è iniziata nel 2013 tra le fila della Utensilnord con una serie di top 10 nelle corse del calendario italiano, impreziosita dal terzo posto nella Coppa Agostoni che ne fecero di lui il neoprofessionista più promettente del panorama nazionale per poi passare nella stagione successiva alla Movistar Continental in Colombia “una vera esperienza di vita, dove ho affrontato tante corse a tappe impegnative che ricordo con tanta sofferenza specialmente all’inizio tra altura e lunghissime salite, che però mi è servita sia come aumento del motore e sia per l’apprendimento di una nuova lingua” per poi vivere in triennio alla Amore & Vita. Dopo il successo al Pantani nel 2018 inizia una nuova avventura nel team Sovac insieme a Davide Rebellin ma la squadra naufraga dopo pochi mesi ponendo fine alla sua carriera su strada e Marco passa alla mountain bike dove sfodera delle brillanti prestazioni nelle marathon.
Adesso Marco riparte con un nuovo ruolo, sempre legato al mondo delle due ruote.

Il tuo 2020?
“Salgo in ammiraglia come Direttore Sportivo per la Amore & Vita e siamo già pronti per partire per l’Argentina dove inizieremo la stagione con la Vuelta a San Juan e poi in Colombia per il Tour of Colombia”

Come intendi affrontare questo ruolo, quali sono le tue aspettative?
“Voglio fare esperienza in questa nuova avventura e voglio crescere insieme alla squadra. Sono sicuro di poter trasmettere ai ragazzi le conoscenze che ho maturato durante la mia carriera e farò del mio meglio per far crescere i ragazzi”

Scendi dalla bici e sali in ammiraglia a guidare gli stessi ragazzi con cui correvi fino a poco fa, come pensi di rapportarti con loro?
“Rispetto a due anni fa i corridori del team sono cambiati tutti ma ovviamente li conoscevo da avversari e alcuni come Davide Appollonio sono miei coetanei, ma ho già parlato con i ragazzi: loro mi stimano, per me è lo stesso nei loro confronti e ognuno di noi rispetterà il proprio ruolo”

Il tuo sogno da DS?
“Non chiedo la luna, ma il mio sogno, direi utopistico nel mondo del ciclismo di oggi, è quello di poter gestire un team dove tutti i corridori hanno contratti di almeno 4 anni, un po’ come nel calcio e in qualche team World Tour, per avere la possibilità di programmare una crescita della squadra sia come collettivo sia per far esprimere al meglio le potenzialità dei singoli, in modo da creare un gruppo ben amalgamato e penso che riuscire ad avere questi presupposti sia una condizione indispensabile per raggiungere obiettivi di un certo livello”

Nel panorama ciclistico internazionale hai già un Direttore Sportivo da prendere come modello o fonte di ispirazione?
“Ce ne sono tanti davvero bravi e in questo settore gli italiani sono tra i migliori. Non posso spendere un nome solo, ma se mi permetti ne cito un paio: Roberto Damiani della Cofidis, pragmatico, pratico e concreto, un DS che esprime la sintesi tra la tradizione ciclistica e il ciclismo moderno e Davide Cassani, il Commissario Tecnico della nazionale, un ruolo leggermente diverso ma è bravissimo a lasciare il segno con solo due corse a disposizione cioè campionati europei e mondiali e devo dire che negli ultimi anni è stato eccezionale”.

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