Meridiana Kamen, Antonio Giallorenzo un pioniere delle continental.

Gestire una squadra con un budget ridotto non è semplice ma Antonio Giallorenzo, General Manager della Meridiana Kamen, squadra continental che gestisce insieme al figlio Mariano, sopperisce ai problemi economici con tanta, tantissima passione.
Antonio è stato uno dei pionieri delle continental, uno dei primi a credere nella potenzialità delle formazioni di terza fascia: ha faticato, lavorato e combattuto e ora la sua squadra è una realtà consolidata nel panorama ciclistico e questo modello sta decisamente prendendo piede in Italia e in Europa.
Nella nostra breve intervista abbiamo provato a farci raccontare come vive questa esperienza e con grande piacere abbiamo scoperto un manager di grande umanità che segue una onorevole scala di valori: prima le persone e il rapporto umano, poi la passione e solo dopo i risultati.

Antonio, sei stato uno dei primi a credere nelle continental, cosa è cambiato oggi rispetto a 10 anni fa?

“Non posso negare che agli inizi attorno a noi si sentiva un po’ di invidia perché siamo riusciti a creare una squadra con un piccolo budget e abbiamo dato la possibilità a tanti giovani di potersi confrontare e competere contro grandi campioni. Poi non ci adeguiamo sempre alle convenzioni e questo talvolta dava fastidio: per esempio a Donoratico la settimana prima dei mondiali di Firenze dove vinse il caro Michele Scarponi, volevamo giocarci la possibilità di vincere con il nostro capitano Patrick Sinkewitz ma non avremmo avuto speranze di successo se avessimo lasciato andare la corsa con il classico copione della fuga iniziale perché poi nel finale con i grandi corridori al via non avevamo speranze in volata e allora ci siamo messi a tirare sin dall’inizio per rendere la corsa dura e abbiamo superato il tratto del rifornimento a 60 chilometri orari, non permettendo alla squadre di prendere i sacchetti. Dopo pochi chilometri un grande campione si è affiancato all’ammiraglia rimproverandomi questo sgarro e gli risposi che avevamo mangiato tanto alla mattina e che non avevamo bisogno del rifornimento, invece non era vero, ho passato i sacchetti dalla macchina, la nostra era una strategia di gara.
Il mondo del ciclismo è molto conservatore ma non ci si rende conto che così facendo l’Italia ha perso? Qui il ciclismo è morto, non solo come movimento ma anche come scuola: una volta eravamo il centro del mondo e abbiamo subito la globalizzazione, prima venivano in Italia per crescere ragazzi da tutto il mondo, ora non siamo quasi più considerati. Fortunatamente qualcosa sta cambiando negli ultimi due o tre anni, anche qui si stanno affermando le Continental, nel 2020 in Italia saranno più di dieci ma mi sembra la federazione dei dilettanti. Lo spirito delle continental non deve essere quello di fare numero per riempire il gruppo e nemmeno quello di far correre i dilettanti con i professionisti: serve una squadra bilanciata con corridori esperti in grado di guidare e far crescere i giovani talenti. Questo cambiamento rende più difficile ottenere gli inviti alle corse italiane ma non influisce molto su di noi perché abbiamo ottimi rapporti con gli organizzatori, schieriamo al via formazioni competitive e poi mi sembra difficile per esempio che non ci venga riservato un invito per il Matteotti che si corre a Pescara quando abbiamo in squadra il corridore di casa Rabottini? “

Rabottini ma non solo lui, in questi anni sei stato uno dei pochi a dare una seconda possibilità a chi aveva avuto squalifiche per doping?

” Vedi, io correvo in bici, mio figlio Mariano pure e so quanti sacrifici ci siano dietro a questo sport, non solo da parte del corridore ma anche da parte delle famiglie. Lo faccio per dare gratitudine alla famiglia, perché anche dopo uno sbaglio sportivo voglio ricompensare i sacrifici fatti dalla famiglia del corridore. Dopo una squalifica non solo il corridore ma le stesse famiglie passano un inferno, dalla vergogna ai processi sportivi, alle cause di risarcimento, però sia ben chiaro che concedo una seconda possibilità ma se uno sbaglia ancora è fuori per sempre”

Una squadra che è anche una famiglia: Come sono i rapporti con i tuoi ex corridori?

“Voglio bene a tutti i miei ragazzi e collaboratori, a Natale tutti mi fanno gli auguri e quando ci si incontra è sempre un piacere. Per esempio questa estate un mio ex corridore Oleg Melehs, campione lituano, si è sposato ed è stato mio ospite a Napoli in viaggio di nozze.

Il futuro della Meridiana Kamen?

“Oggi guardiamo troppo spesso al presente perché dobbiamo far fronte a tante difficoltà ma spero di riuscire ad attirare nuovi sponsor con contratti pluriennali di partnership per garantire contratti più lunghi ai corridori in modo da poter meglio pianificare la loro crescita e farli arrivare nelle squadre di primo livello. È bello vincere ma ci sono più soddisfazioni nel far crescere dei giovani e farli diventare dei veri professionisti, e questa è la nostra missione”. 

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