Il Giro delle Fiandre di Edoardo Affini “correre qui senza pubblico dove i tifosi sono straordinari non è la stessa cosa”

Vedere al Giro delle Fiandre Edoardo Affini a tirare in testa al gruppo per diverse ore senza ricevere un cambio ci ha riportato alla mente l’essenza del ciclismo cioè la fatica e al contempo ha ricollocato in primo piano il ruolo del gregario, un atleta eccezionale che si sacrifica e spende tutto se stesso per il suo capitano mettendo da parte ogni ambizione di gloria personale.
Mettersi a disposizione di un leader come Wout Van Aert è un onore ma anche grande motivo di orgoglio per Edoardo che ci ha raccontato la sua seconda esperienza nella Classica Monumento belga.

“Ciao Edoardo, come hai vissuto il Giro delle Fiandre?”
Purtroppo ci stiamo abituando alle gare senza pubblico e rispetto al 2019 l’atmosfera era completamente diversa. Correre qui è un’esperienza fantastica, i tifosi sono incredibili e per esempio sul Vecchio Kwaremont sembra di essere allo stadio: tantissimi tifosi, l’odore di patatine fritte e di birra che ti inebria ad ogni passaggio, invece domenica scorsa sembrava di percorrere una strada qualsiasi con solo i fotografi a bordo strada. In tutte le corse la mancanza di pubblico si avverte ma soprattutto qui dove i tifosi sono straordinari non era la stessa cosa.

“Il tuo ruolo nella corsa” 
Si è visto chiaramente in televisione, non ci siamo nascosti: con il favorito Wout Van Aert in squadra abbiamo preso in mano la corsa. Io dovevo scandire un’andatura regolare in gruppo tenendo sotto controllo la fuga iniziale. Ovviamente non dovevo lasciare andar via un gruppo troppo numeroso o con uomini di certe squadre e una volta stabilizzata la situazione dovevo tenere sotto controllo il distacco. Purtroppo nessuno del gruppo mi ha dato una mano, ci contavo perché qualche cambio mi avrebbe sicuramente aiutato, invece ho dovuto tirare il gruppo in prima persona per diverse ore e ti assicuro che è stata davvero una faticaccia.
Mi sono fermato per i miei bisogni fisiologici, giusto per vedere se qualcuno mi avrebbe aiutato ma nessuna squadra si è interessata ai fuggitivi e il loro vantaggio era salito di due minuti quindi mi sono rimesso a lavorare in testa al gruppo.
Una volta finito il mio lavoro, sono entrati in azione altri compagni che avevano il compito di supportare e scortare Wout fino alle fasi decisive della corsa.

“Il peso delle responsabilità: come avete vissuto la pressione?”
Ovviamente il peso della responsabilità investe principalmente il leader di una squadra, la stampa belga ovviamente era tutta focalizzata su Wout specialmente dopo il successo alla Gant Wevelgem, ma la.pressione non era eccessiva anche perché viviamo in una bolla ma lui l’ha vissuta bene. È semplice lavorare con lui, è un ragazzo fantastico e non mette pressione sui compagni ma al contempo è un vero leader, molto esigente e chiede il massimo supporto ma si lavora bene insieme.

“Un bilancio della corsa”
Nella consueta riunione di squadra abbiamo analizzato la nostra prova. C’è poco da recriminare: abbiamo preso la responsabilità di controllare la gara, e quando la corsa è esplosa abbiamo supportato al meglio il nostro capitano. Purtroppo a Wout sono mancate un po’ le gambe nel momento decisivo e altri due sono andati più forte. Non si può vincere sempre ma con il sesto posto ha dimostrato di essere là davanti quindi il nostro è un bilancio a metà come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
Adesso io stacco per qualche giorno dopo u a prima parte di stagione intensa e poi inizio la preparazione per il Giro d’Italia ma Wout è già focalizzato sull’Amstel Gold Race, la sua prossima sfida e vuole vincere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.