Marco Origgi e il ruolo del procuratore sportivo “il rapporto umano con l’atleta assistito è fondamentale”

Marco Origgi, comasco classe 1986, è cresciuto a pane e ciclismo tanto che sin da piccolo ha iniziato la trafila da corridore nelle categorie giovanili e gli appuntamenti più importanti dell’anno coincidevano con la Coppa Agostoni e il Lombardia, dove poteva veder sfrecciare da vicino i suoi idoli.
Appesa la bici al chiodo Marco per qualche anno si è staccato dal mondo del ciclismo, per poi rientrarne in una nuova veste, come assistente di una squadra dilettantistica e viste le sue competenze ha iniziato a seguire i trasferimenti di alcuni corridori della sua squadra nel passaggio alle categorie superiori fino a trasformarlo in un lavoro.
Immersi nella magnifica cornice del Lago di Como, un aperitivo insieme è la migliore occasione per cercare di saperne di più sul ruolo del procuratore sportivo in generale, su come lo interpreta personalmente, gli onori e oneri che comporta e le prospettive future in particolare nel mondo delle due ruote.
“Ciao Marco. Il ruolo di procuratore sportivo: dai giornali emergono solo i lati negativi specialmente nel mondo del calcio: avidità, sfruttamento, contratti capestro e laute commissioni. Come interpreti questa attività?”
Vorrei iniziare smentendo una frase che si sente spesso e cioè che i giovani sportivi sono schiavi dei procuratori. Ci sono stati dei casi ma dipende con chi si ha a che fare. Per me il rapporto umano con l’atleta assistito è fondamentale, di primaria importanza. Nel mio lavoro la parte più difficile è sicuramente quella di scegliere la giusta strada per i miei ragazzi: mi relaziono con giovani che stanno inseguendo un sogno, che lo stanno vivendo e le scelte che condivido con loro sono fondamentali perché segnano il loro cammino e il loro futuro. È prioritario per me ricamare attorno ad ogni atleta che seguo un progetto che preveda il giusto percorso di crescita, affiancargli le persone più adatte per riuscire a concretizzare gli obiettivi che ci poniamo insieme e che possano valorizzare al meglio le sue caratteristiche. Questa è la parte più avvincente del mio lavoro, aiutare i miei assistiti a raggiungere il loro sogno.
Come li scelgo? Vado un po’ controcorrente, non mi piace scegliere i ragazzi vincenti soprattutto perché in giovane età il successo non è così importante. Preferisco scegliere ragazzi in cui vedo delle potenzialità, non solo dal punto di vista atletico, perché è il fattore umano quello che fa la differenza per me: umiltà e buona educazione sono i due punti di partenza perché aiutano molto un giovane ad inserirsi in nuove squadre, a legare con le persone e poi la determinazione non deve mai mancare. Poi ovviamente qui entra in gioco il mio entourage che lavora per dare un sopporto umano e psicologico per aiutare i ragazzi a sopportare al meglio la pressione, ad essere focalizzati sugli obiettivi e ad aiutarli a concentrarsi al meglio nel loro lavoro.

“Investi tanto sui giovani, specialmente dell’Est Europa”
Negli ultimi anni ho seguito con attenzione i giovani corridori della penisola balcanica grazie anche alla consolidata amicizia con il preparatore atletico Vladimir Vukasovic, e con l’ex professionista Aleksandr Nikicevic, ora presidente della federazione serba e del team Partizan Belgrado. In Serbia gli sport principali sono calcio, basket e pallanuoto ma il ciclismo si sta affermando sempre più e grazie ad uno splendido lavoro di base e di serio investimento della federazione sui giovani, ora si vedono i primi risultati come il passaggio tra i pro di Dusan Rajovic alla Nippo Delko e Veljko Stoinic alla Vini Zabu’ e ci sono altri giovani interessanti che seguo e di cui sentiremo parlare in futuro come Dusan Veselinovic ora al Partizan Belgrado, Luka Bojovic del Kralijevo e Mihaijlo Stolic del S-Team Sombor.
Inoltre nella penisola balcanica si sta investendo molto sul ciclismo per esempio nel 2021 a Banja Luka in Bosnia si correranno i campionati del mondo di ciclismo amatoriale e sarà una nuova occasione per scoprire qualcosa in più sul ciclismo dell’Est.

“La situazione del blocco dovuta al covid: come l’hai vissuta e che impatto ha avuto sul ciclismo?”
Il lockdown è stato penalizzante per tutti, sia nella vita quotidiana sia in quella degli atleti, delle squadre e di tutto il nostro mondo. Le società dilettantistiche ne hanno risentito molto ma dal mio punto di vista le formazioni continental saranno quelle più penalizzate perché dovranno affrontare un calendario con pochissime gare rispetto a quelle previste a inizio stagione e nelle gare più prestigiose in calendario, e mi riferisco per esempio a quelle della Ciclismo Cup, ci sarà molto meno spazio per loro in quanto molte squadre World Tour vogliono partecipare per far correre i loro atleti, quindi per le Continental significa non solo meno corse ma minore visibilità per gli sponsor negli appuntamenti dove è garantita la diretta televisiva. Quindi tanti giovani ragazzi avranno meno occasioni di mettersi in mostra.
Per i corridori oltre al problema di farsi trovare pronti fisicamente dopo un lungo periodo di inattività, temo per alcuni di loro un contraccolpo mentale perché alcuni di loro hanno vissuto male questo periodo e bisognerà vedere chi ha reagito meglio dal punto di vista psicologico.
Siamo pronti a ripartire e nonostante un velo di pessimismo che circola negli addetti ai lavori io sono molto ottimista e ho fatto mie le parole di Papa Francesco “attenzione a non mettere le nubi di oggi davanti al sole di domani” : il primo agosto si parte con le Strade Bianche e sono molto ottimista sugli sviluppi della stagione.

“Apprezziamo dalle tue parole l’importanza del rapporto umano con i tuoi assistiti, ma parlaci un po’ più di te: progetti, sogni e prospettive future”
Sono molto ambizioso e amo le sfide. Spero in futuro di avere sempre la grinta di affrontare nuove sfide, anche di sbagliare e di avere la forza di rialzarmi per andare avanti e superare i miei limiti. Finché questo spirito mi sosterrà non sarò mai preoccupato per il futuro. Una nuova sfida che sto pensando di affrontare è quella di iniziare a seguire alcune atlete, visto che il ciclismo femminile non gode ancora degli stessi diritti degli uomini, quindi mi piacerebbe entrare in quel mondo per aiutare le donne a conquistare maggiori diritti e tutele e ad aiutare la crescita di quel mondo che ha un potenziale incredibile ma che oggi non è sfruttato a pieno. Il mio sogno nel cassetto è quello di gestire una squadra tutta mia, possibilmente italiana e arrivare nel World Tour, perché un paese con una tradizione ciclistica come il nostro non può non avere squadre di primo livello.
I miei punti di riferimento in questo lavoro sono due dei migliori al mondo Giovanni Lombardi e il ticinese Mattia Galli, entrambi interpretano questo ruolo con grande competenza e umanità e spero un giorno di arrivare ai loro livelli.

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